Paradossi della minoranza romanì

Paradossi della minoranza romanì
In Italia i paradossi verso la minoranza romanì contribuiscono alla crescita dell’antiziganismo ed impediscono il pieno riconoscimento culturale e politico di questa storica minoranza linguistica.

Nazzareno Guarnieri


Il primo paradosso è il nome di questa minoranza.
La denominazione è il primo elemento dell’identità culturale. Ricerche, studi scientifici ed il 1° congresso mondiale delle comunità romanès (1971) hanno definito, quale sintesi (culturale, burocratica ed amministrativa) che il termine rom è la denominazione per identificare le storiche comunità romanès: rom, sinte, kalè, manousches e romanichels con comuni valori culturali e le specificità di ogni singola comunità, con una parlata dialettale per ogni comunità. Pertanto le corrette denominazioni (anche nei documenti politici) è minoranza romanì, comunità romanès, romanò, romanì, romanipè.


Il secondo paradosso è l’identità culturale romanì.
non riuscendo a dare una definizione omogena di cosa sia la diversità culturale romanì, è stato diffuso il convincimento che non esista una identità culturale romanì. Per tutti i popoli non è affatto possibile dare una definizione etnica chiara e netta, non burocratica o amministrativa. La stessa nozione di Italia e di italianità dovrebbe suggerire quanto complesso sia il tessuto sociale, culturale, linguistico di un popolo de jure unitario. Infatti l’Italia è composta da 20 comunità regionali e da circa 8400 comunità comunali con 8400 dialetti, con comuni valori culturali e le specificità di ogni singola comunità. Dobbiamo per questo dedurre che “la lingua-cultura italiana non esista?”
Inoltre una ricerca italiana, pubblicata su un'autorevole rivista scientifica internazionale, dimostra come l’Italia sia uno dei paesi più ricchi in termini di diversità linguistico-culturale di tutta l'area del Mediterraneo. Dobbiamo per questo dedurne che “l'Italia non esista?”.
Per molti l’identità culturale romanì è ridotta a pochi tratti superficiali, stereotipi spettacolari e conflittuali, di facile presa (nomadismo, criminalità, folclore, trasfigurazione letteraria di stampo romantico...). Dilatati espressionisticamente, tali tratti finiscono per occultare gli altri caratteri essenziali.
Dentro al concetto di cultura c’è identità, capacità, espressione di sé come persona e come comunità, c'è memoria del passato e proiezione nel futuro, c'è evoluzione culturale. Pertanto dai percorsi di inclusione e di partecipazione della minoranza romanì non si può escludere la diversità culturale romanì, e neppure si può continuare a strumentalizzarla e folclorizzarla. La cultura cambia e si evolve, "partire da lì e non cancellarla".
E’ quindi necessario implementare azioni per lo sviluppo, l’evoluzione dell’identità culturale romanì, consapevoli che essa è l’agente di trasformazione dei nostri paradigmi.
L’identità culturale comprende un nocciolo duro, consistente in concetti universali e specificità culturali delle singole comunità che circondano il nocciolo, cioè una zona fluida costantemente mutevole, mutualmente adattata alle circostanze e ai contatti con altri gruppi culturali.
E’ bene sottolineare che la cultura non comprende solo l'arte e la letteratura, ma anche i modi di vita, i sistemi di valori, le tradizioni.


Il terzo paradosso è la realtà della minoranza romanì
Studi scientifici e documenti politici indicano che una larga maggioranza di persone della minoranza romanì sono cittadini italiani, arrivati in Italia in periodi storici diversi, fra il XIV° e XX° secolo, con una comune storia, comuni valori linguistico-culturali e specificità di ogni singola comunità romanès. Sono persone della minoranza romanì, cittadini italiani, che hanno strutturato una gamma di relazioni con le comunità locali e molte sono divenute parte integrate del panorama sociale ed economico locale. Queste persone della minoranza romanì, cittadini italiani, sono “forzatamente omologati”, cioè sono costretti a rinunciare alla propria identità culturale romanì per evitare atteggiamenti razzisti e le conseguenze della discriminazione per l’appartenenza etnica.
L’assimilazione forzata è il risultato di azioni volte ad annullare specificità culturali di comunità che si trovano in condizione di inferiorità numerica. Lo strumento dell’assimilazione forzata è la discriminazione.
L’assenza di politiche per l’integrazione culturale produce ANOMIA – “fenomeno che può sfociare nella scomparsa delle regole morali causato da un mutamento nelle condizioni di esistenza di determinati gruppi sociali cui non corrisponde in modo esaustivo un cambiamento normativo che le sancisca da un punto di vista culturale.”
L’assenza di politiche culturali non valorizza la positività presente in questa larga maggioranza di cittadini italiani rom e sinti. Pertanto dal dibattito pubblico emerge solo il negativo che implementa pregiudizi e discriminazioni per tutti.

Avviare politiche culturali per questa larga maggioranza della minoranza romanì vuol dire dare un importante impulso per “sostenere” le famiglie rom e sinte che vivono in condizioni precarie e pericolose per la propria ed altrui incolumità.


Il quarto paradosso è la partecipazione attiva.
E’ il risultato di un modello di partecipazione attiva di rom e sinti “come un mezzo”, occasionale e autoreferenziale, in balia di eventi e della volontà altrui, attuato negli ultimi decenni. Questo paradosso, sviluppato da gran parte dell’attivismo romanò, è folcloristico e sconnesso dalla realtà ed ha contribuito sia a legittimare informazioni distorte dell’identità culturale romanì diffuse dai “filtri culturali”, sia ad innescare un meccanismo perverso e confuso di ruoli e di strategie che hanno impedito a tutti i livelli di interiorizzare informazioni di base sulla minoranza romanì. Questo paradosso si deve curare con un modello di partecipazione attiva qualificata, specifica e non esclusiva, capace di astenersi dal "ripetere come un mantra" la solita retorica sul tema rom e spiegare in modo chiaro e con soluzioni dotate di senso il “perché e in che modo”, con la propria testa e senza alcun preconcetto.


Cosa fare?
Tutti i paradossi verso la minoranza romanì si de-strutturano nel momento in cui il tema rom viene affrontato con un’ottica culturale con azioni finalizzate a modificare i processi mentali ed a trasformare i paradigmi. L’identità culturale, con la sua condizione dinamica, è l’agente che trasforma i paradigmi e che modifica i processi mentali. Partire da lì e non cancellarla.
Si tratta di programmare ed avviare un cantiere di lavoro culturale sul campo con approccio interculturale e la restituzione dei risultati del lavoro svolto alle comunità.
Senza una visione complessiva del concetto di cultura e di identità culturale, e della loro condizione dinamica, il rischio che si possa attuare un approccio interculturale "convenzionale", che rafforza stereotipi, pregiudizi e discriminazione, è un rischio molto concreto. Il concetto di cultura e di identità culturale non comprende solo l'arte e la letteratura, ma anche i modi di vita, i sistemi di valori, le tradizioni. Dentro al concetto di cultura e di identità culturale c’è capacità, espressione di sé come persona e come comunità, c'è memoria del passato e proiezione nel futuro, c'è evoluzione culturale.
Il cantiere di lavoro culturale sul campo deve partire dalle specificità culturali senza cancellarli.
Per esempio abbiamo avviato un cantiere di lavoro culturale sul campo sulla linguistica dello sviluppo sociale per evitare la dispersione del patrimonio linguistico delle diverse comunità romanès e per diffondere la conoscenza della lingua romanì, nella consapevolezza che esperienze con comunità linguistiche minoritarie d'Italia e d'Europa dimostrano che la pacificazione sociale e l'integrazione passano anche per una sorta di conciliazione del soggetto e della comunità con la propria identità e con la propria memoria storica.
Conclusione
L’antidoto per rompere il circolo vizioso dei paradossi verso la minoranza romanì è il riconoscimento dello status di minoranza linguistica e lo sviluppo del tema rom in chiave culturale senza contrapporre le azioni di emergenza verso chi vive in situazioni precarie e pericolose per la propria ed altrui incolumità, con le azioni di sviluppo, silenziose e poco spettacolari, ma tanto più incisive.
Il riconoscimento dello status di minoranza linguistica storica, in applicazione dell’articolo 6 della Costituzione Italiana, contribuisce ad aprire una nuova fase della romanipè, fondata sulla conoscenza, sulla riappropriazione della memoria storica, sulla disalienazione culturale e su un rinnovato dialogo tra comunità di minoranza e comunità di maggioranza.


Li, 28/11/2021