Sillabo per la progettazione di percorsi sperimentali di livello B1

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Sillabo per la progettazione di percorsi sperimentali di apprendimento della lingua italiana a livello B1

Indicazioni per l’articolazione del livello B1
del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue


A cura degli Enti certificatori dell’italiano L2

 

Hanno collaborato:
Elisabetta Bonvino, Sara Di Simone, Francesca Giardini, Silvia Giugni,
Giuliana Grego Bolli, Lucilla Lopriore, Eleonora Luzi, Paola Masillo,
Costanza Menzinger, Sabrina Machetti, Anna Pompei e Lorenzo Rocca

 

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Introduzione


Negli ultimi anni, la crescente presenza in Italia di cittadini migranti si è imposta all’attenzione di chi è investito in prima persona del compito di interrogarsi sui problemi legati all’integrazione sociale e linguistica nel nostro Paese. Le ondate migratorie che a partire dalla metà degli anni Ottanta si sono riversate verso l’Europa e verso il nostro Paese hanno di recente evidenziato più di una novità: alla presenza di cittadini ormai residenti stabilmente sul nostro territorio si è infatti aggiunta quella di un numero sempre più consistente di cittadini profughi e/o richiedenti lo status di rifugiati. Il fenomeno migratorio è anche sensibilmente cambiato dal punto di vista dei profili linguistici dei soggetti in esso coinvolti: il livello di competenza in italiano L2 di quanti già inseriti in Italia nei percorsi di formazione linguistica risulta in molti casi molto vicino a quello dell’autonomia, ma, al contempo, il numero di analfabeti funzionali e/o a bassa scolarizzazione, come i più recenti dati riportano, risulta in deciso e continuo aumento.


La prima, esplicita risposta al fenomeno migratorio è consistita nella elaborazione da parte del Consiglio d’Europa, del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER). In questo documento, strumento di orientamento descrittivo (non prescrittivo) e flessibile, nella descrizione di scale e livelli di competenza, per le politiche di educazione linguistica delle diverse nazioni europee, si sposano posizioni teoriche ispirate ai modelli del plurilinguismo, e dunque completamente diverse da quelle fondate tradizionalmente sull’insegnamento di lingue da assumere come entità centralistiche e monolitiche, come sistemi omogenei misurati sulla competenza dei parlanti e degli scriventi nativi ideali. Nel QCER il plurilinguismo riveste il preciso ruolo di definire una lingua come il luogo di realizzazione, sociale o individuale, di una varietà di usi che confluiscono insieme a definire un dominio dai contenuti mutevoli ed eterogenei. Uno strumento di prezioso ausilio, per ciò stesso, all’acquisizione di una coscienza parimenti plurilingue, la quale, però, da sola non basta per guidare verso la reale integrazione. A ormai 15 anni dalla prima pubblicazione a stampa del QCER, l’esigenza rimane ancora quella di azioni di politica linguistica chiare, trasparenti e condivise, azioni in cui la lingua, il suo apprendimento, insegnamento e valutazione rivestano un ruolo centrale. In considerazione di ciò, la predisposizione di sillabi per l’apprendimento, insegnamento, valutazione pensati e rivolti, da un lato al crescente numero di coloro che da analfabeti funzionali e/o a bassa scolarizzazione raggiungono il nostro Paese, per un progetto migratorio di diversa durata, dall’altro a coloro che essendo già inseriti in un percorso di formazione linguistico culturale in italiano L2 sono pronti per essere avviati al raggiungimento della piena autonomia comunicativa, risulta un passaggio irrinunciabile.


Questo Sillabo è stato elaborato in continuità con quanto già realizzato in esito al Progetto “Enti certificatori FEI 2009”, tenendo anche conto dei dispositivi già predisposti dal MIUR in materia di integrazione linguistica e sociale dei cittadini stranieri (segnatamente: Linee guida per la progettazione della sessione di formazione civica e di informazione, di cui all’art. 3 del DPR179/11, nota MIUR 988 del 4 luglio 2013 e Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento, DI 12 marzo 2015, All. B.1)”.


Com’è noto, il Sillabo rappresenta il punto di riferimento di ogni azione didattica e dei processi di apprendimento e valutazione linguistica che ad essa inscindibilmente si legano. Progettare e realizzare un sillabo per la didattica equivale perciò ad esplicitare gli obiettivi, i contenuti e tutte le scelte da operare all’interno di un dato contesto formativo e in relazione ad un determinato pubblico. Il sillabo sintetizza dunque una serie di indicazioni che tengono conto in primis delle caratteristiche e dei bisogni linguistico-comunicativi degli apprendenti come di quelle del contesto di riferimento.


Scopo del Sillabo è anche quello di favorire la trasparenza, fruizione e condivisione degli obiettivi e dei contenuti in esso proposti, anche attraverso la promozione di azioni didattiche in cui venga favorito l’utilizzo di una pluralità di canali nella comunicazione, l’avviamento al confronto interculturale, un apprendimento fortemente legato al contesto di riferimento. Nel caso del Sillabo in oggetto, il pubblico di riferimento è rappresentato dai migranti adulti che risiedono in Italia da più tempo o che all’arrivo in Italia possiedono già una competenza di livello A2 in lingua italiana acquisita, grazie a percorsi di apprendimento formale o informale svolti in Italia o nei paesi d’origine.


Il Sillabo procede da una descrizione dello stadio di sviluppo delle singole abilità linguisticocomunicative in relazione al pubblico dei migranti adulti già inseriti in un percorso di formazione linguistico-culturale in italiano L2. Il punto di riferimento rimane il già citato documento europeo.
Il QCER, nell’illustrare in dettaglio la competenza comunicativa o competenza d’uso che un parlante non nativo può raggiungere, propone per ogni abilità (parlare, scrivere, ascoltare e leggere) un descrittore generale e una serie di descrittori specifici relativi alle attività e strategie di produzione e ricezione, distinte per tipologie testuali e contesti d’uso.
Poiché il QCER deve essere sempre contestualizzato nella specifica situazione di uso, la definizione delle competenze deve tener conto di descrizioni analitiche per i diversi livelli, del “saper fare” e dell’uso della lingua italiana nei diversi contesti. Riflettendo su quelle che potrebbero essere le più rilevanti azioni socio-linguistiche o capacità d’uso dell’italiano che un apprendente già inserito in un percorso di formazione linguistico-culturale di italiano L2 dovrebbe acquisire per raggiungere l’autonomia di base nelle situazioni quotidiane, l’idea di base rimane quella proposta dal QCER, che indica come competenze fondamentali per chi apprende una lingua straniera le competenze linguistico-comunicative, articolate in tre diverse componenti:
1. le competenze linguistiche vere e proprie, cioè le strutture morfosintattiche e il lessico;
2. le competenze sociolinguistiche attraverso le quali si selezionano le forme appropriate al contesto comunicativo, sia esso formale informale, e al ruolo assunto all’interno del contesto stesso (di ricevente o emittente del messaggio);
3. le competenze pragmatiche, vale a dire il valore comunicativo che le forme linguistiche assumono in un dato contesto.


In base a quanto indicato dal QCER, la componente linguistica non si rifà solamente alle conoscenze di un determinato parlante (ovvero all’estensione del vocabolario che un parlante non nativo conosce o alle capacità combinatorie e articolatorie degli elementi di una lingua), ma anche all’organizzazione cognitiva di tali conoscenze (in termini, ad esempio, di reti associative in cui il parlante colloca un lessema nella memoria) e alla loro accessibilità ai fini di una utilizzazione nel contesto comunicativo. Gli aspetti legati alle conoscenze linguistiche determinano una grande variabilità sia tra i parlanti (parlanti lingue materne diverse in relazione alla L2 possono condividere una stessa conoscenza, ma l’organizzazione e il grado di accessibilità alla stessa può essere molto diverso), sia con riferimento a un solo parlante (aspetti diversi legati alle conoscenze del lessico di una L2 possono essere accessibili in gradi e modalità diverse).

La competenza linguistica si concretizza nell’agire linguistico, in azioni linguistiche che coinvolgono processi come la ricezione, la produzione, l’interazione e la mediazione, attraverso l’uso di testi orali e/o scritti. La contestualizzazione delle attività linguistiche si realizza in domini, articolati in quattro diversi macro-settori nei quali un parlante può trovarsi ad agire: 
1. dominio personale, che comprende le relazioni all’interno della famiglia e fra amici;
2. dominio pubblico, che riguarda tutto ciò che è legato alla normale interazione sociale (pubblica amministrazione, servizi pubblici, rapporti con i media);
3. dominio professionale, che comprende tutto ciò che si riferisce alle attività e alle relazioni di una persona nell’ambito lavorativo e/o nell’esercizio della sua professione;
4. dominio educativo, che si riferisce al contesto di apprendimento e formazione (dove si acquisiscono conoscenze e abilità specifiche).
L’approccio orientato all’azione, adottato e descritto nel QCER, dà grande risalto alla relazione che si può instaurare tra i parlanti, l’azione che compiono per svolgere un determinato compito e le strategie che mettono in atto per realizzare il compito in questione. In questo rapporto triangolare tra parlante, azione e strategia giocano un ruolo fondamentale le conoscenze che permettono l’attuazione delle strategie e i risultanti “testi” (parlati o scritti) che consentono lo svolgimento del compito stesso.